Nel 1455,da Francesco d’Alviano e Isabella degli Atti di Todi, nasce il più famoso degli Alviano, a cui viene dato il nome di suo zio Bartolomeo degli Atti Bartolomeo appunto.
Nasce a Todi? Nasce ad Alviano?
Elementi sicuri e definitivi per stabilire il luogo di nascita del condottiero non ne abbiamo trovati, mentre fra Luciano Canonici nel suo:”Alviano, una rocca, una famiglia, un popolo”, afferma che fu allevato ad Alviano, insieme con i fratelli Bernardino e Luigi (Aloisio) ed ebbe le cure della zia Milia Monaldeschi, moglie di Corrado d’Alviano, fratello del padre. E’ certo, però, in quel 1455 non venne al mondo un Apolllo o un Adone, anzi: “Bartolomeo era piccolo di statura, di stentata favella e d’aspetto così ignobile da parere quasi generato per dispregio dell’umana schiatta, se i neri e vivissimi occhi non avessero in lui svelata quell’anima potentissima secondo la quale soleva abbracciare di tutti i consigli il primo o il più pericoloso, senza indugio intraprenderlo, senza riguardo seguitarlo, con furia pari all’audacia proseguirlo fino al fine, estendere la vittoria all’estremo; vinto, con più terribili intenti ritornare sul nemico, offenderlo sempre, ad ogni colpo serbare l’animo invitto, anzi crescerlo nella sventura, anzi moltiplicarlo. Niuno fu in cui le forze dell’animo pugnassero tanto con quelle del corpo, delle quali troppo piccol conto suolsi tenere nell’estimazione degli uomini illustri. Aggiungasi che sotto quell’orrida scorza si nascondeva bontà, schiettezza, semplicità di cuore e integrità di vita non comuni. Né all’arrischiato guerriero un certo amore e studio di lettere mancò, tanto che visse in stretta amicizia col Novagero, col Fracastoro…”. Dunque, degno erede dei suoi grandi predecessori, fin da adole¬scente manifestò tendenza alle armi e all’ardimento. Anche lo zio Corrado (ingaggiato da Terni nel 1460 per difendersi da Todi,”con provvisione di 300 fiorini il mese,obbligandolo,oltre a varii ca-pitoli,di menare con se diciottto corazze con 50 cavalli”), era stato un valoroso e, sotto Paolo II (Pietro Barbo,veneziano fu sul soglio di Pietro dal 1464 al I47l) aveva combattuto con le schiere venete. Nel 1480 – settembre 1481- Bartolomeo d’Alviano si schiera a favore di Alfonso d’Aragona, che tenta di riordinare il suo regno (di Napoli, nda), respinge i turchi e riconsegna al re il castello di Otranto. Nel 1494, Bartolomeo è con l’esercito pontificio aragonese contro Carlo VIII di Francia. Poi, in puglia, resiste a Brindisi e a Gallipoli. Ma Ferdinando il Cattolico scese a patti con Luigi XII di Francia, fingendo di voler spartire con lui il Napoletano. Anche in questa circostanza (la guerra fra Aragonesi e Francia), Bartolomeo d’Alviano ha un ruolo di primo piano. Correvano il 28 – 29 dicembre I503. E siamo alla battaglia del Garigliano.
Fu vinta dalla strategia di Bartolomeo d’Alviano, che sorprese rapidamente i francesi attraverso un ponte di barche da lui fatto costruire sul Garigliano e con il quale potè stringere i francesi in una sacca. Ancora:”il magnifico ispiratore del piano vittorioso della battaglia del Garigliano è stato un condottiero della Repubblica (veneta,nda), uno dei più valenti soldati della Rinascenza: Bartolomeo Liviani conte di Alviano”. Il gran Capitano spagnolo Consalvo di Cordova riconobbe la validità dello stratagemma dell’Alviano; lo stesso Ferdinando il Cattolico ricompensò largamente il valoroso capitano umbro che, dopo il Garigliano, era andato a scovare gli ultimi gruppi francesi da Venosa, Altella ed Altamura. Così, Bartolomeo d’Alviano, che prima della battaglia presso Minturno già possedeva Alvito, diventò duca di San Marco Argentano ed ebbe inoltre il dominio feudale,al posto dei baroni traditori, su Bisigliano, Cassano all’Ionio, Tricarico ed altri venti castelli dei Bruzi e dei Lucani. Ecco alcune espressioni con le quali Perdonando il Cattolico si compiace delle azioni dell’Alviano:”Meditando dentro di noi con quale fede e con quale virtù, cura e sollecitudine abbia servito alla nostra Maestà il nostro dilettissimo ed illustrissimo Bartolomeo d’Alviano, il quale,per conseguire la vittoria al nostro regno di Sicilia al di qua del Faro, ha agito tanto strenuamente da sconfiggere i nemici, non curante affatto dei disagi della guerra, non dibitando di esporre la propria vita con animo forte, in mezzo ad innumerevoli pericoli delle armi laborisi ed aperti, ci è sembrato conveniente ricompensare i suoi lavori sostenuti nella fedeltà alla nostra Maestà e Corona, con la massima integrità e fortezza d’animo (…. ) Bartolomeo ha offerto alla nostra Maestà dei servizi memorabili, dai quali siamo spinti ad attendercene ben altri maggiori anche in seguito. Volendo dunque con benevolo beneficio dell’animo nostro agire nei suoi confronti, con autorità regale e con potestà signorile lo nominiamo e creiamo Duca e Conte e lo adorniamo, decoriamo e insignirne di dignità e di titolo ducale e comitale”» I titoli e i feudi assegnatigli son nella lapide (autentica !) posta sulla parrocchiale di Alviano: “duca di Bucchianico, conte di Manoppello, con i feudi di Serra Monacesca, Rapino, Orsogna, Giuliano… ed altrettante terre inabitate d’Abruzzo, con tutte le proprietà, gli orti, gli uomini vassalli,i benefici, le tenute,inoltre, un sussidio annuo di quattromila ducati di carlini per ogni ducato e i diritti di focatico e sul sale per le terre di Lauro, Palma e Ottaviano nel contado di Noia; e tutto questo è dato a lui personalmente e ai suoi eredi d’ambo i sessi”. Napoli, Castello Nuovo, 8 marzo 1507.. Ora -scrive fra Canonici- torniamo indietro, per dar più logicamente lo sviluppo delle azioni dell’Alviano, prima come architetto militare, poi come condottiero.
Nel 1482,si era imparentato con due delle famiglie che in quel momento dominavano la scena d’Italia,sposando Bartolomea Orsini, sorella di Clarice moglie di Lorenzo il Magnifico, di cui diventa cognato. In casa Orsini(a Bracciano), presumibilmente, nei riposi tra una battaglia e l’altra, si esercita nel mestiere delle armi e s’impratichisce nell’ingegneria militare. A lui saranno universalmente “la prontezza nelle decisioni,lo smagliante ingegno,lo slancio possente, il coraggio indomito,la perizia nel fortificare un accampamento e nella scelta delle posizioni,l’arte di rimaneggiare i fortilizi Adottandoli ai continui pregressi delle artiglierie”. E proprio ad Alviano l’artiglieria ha un suo centro, soprattutto per merito di Bernardino d’Alviano,fratello di Bartolomeo, che nel castello atavico aveva realizzato un fonderia di cannoni, che era tra le più attive e temute, almeno nell’Umbria. Nel 1496-1497,Bartolomeo d’Alviano, stando alla difesa di Bracciano contro gli assalti del papa Alessandro VI e di suo figlio Cesare Borgia il Valentino, aveva fortificato il castello, munito il borgo “et edificato alla sua fronte un bastione di qualche importanza et haveva collocato per tutto i presidi necessari per quella difesa”. Ancora: “Mise in stato di salda difesa Bracciano, facendo cotruire, in base a proprie direttive,un nuovo bastione, terrapienandone un altro e facendo un rivellino per difenderlo dalla parte del lago e così battere anche le insenature”. L’esperienza di Bracciano (dove sembra gli morisse la prima moglie, Bartolqmea Orsini, in seguito agli sforzi sostenuti nella battaglia iin difesa del castello di famiglia), servì a Bartolomeo d’Alviano per la ricostruzione e l’ampliamento dell’antichissimo castello che porta il suo nome, che nel’ 1495 era stato devastato da un attacco di Vittorio da Canale Chiaravalle. Al riguardo,nella sua “Storia di Terni” scrive: …”Non mancarono tuttavia dei cervelli torbidi per accendere e mantenere dei disturbi nell’Umbria; e Vittorio Chiaravalli ne fu uno: volendo il Manenti nelle sue cronache che radunate ottomila persone di Spoleto, Terni e della Marca, entrasse con ordinata battaglia in Todi; trasferitosi a campo ad Alviano desse il guasto a quel contorno “A spalleggiare gli assalitori c’erano anche gli Amerini.
Il 28 giugno 1495 l’abate Bernardino d’Alviano, fratello di Bartolomeo, firma da Amelia i patti di pace, con i quali si stabilisce: “che la rocca d’Alviano si acconci solummodo per poterse abitare non ampliando né alzando altrimenti, non facendo torri, né merli, né piombatori, ne alcuna altra generazione di difesa, ma solum per copiosa abitazione”.Quei patti,benché furono subito rotti per le alterne vicende delle guerriglie e delle varie alleanze, fecero chiamare Bartolomeo d’Alviano “figlio dilettissimo” e poi subito “scellerato ribelle” da papa Alessandro VI Borgia». Ma i lavori di restauro effettuati sulla sua rocca dal condottiero fecero si che: “In un colpo d’occhio, si ha davanti la fusione di forza e di leggiadria di castello fortificato e di palazzo residenziale”, che ancor oggi vediamo. Altra testimonianza delle qualità di architetto dell’Alviano le si vedono testimoniate nella costruzione-ampliamento della chiesa parrocchiale locale, “che diventa un elegantissimo tempio rinascimentale a tre navate, dalle ampie arcate intercolunnali”. In seguito, al servizio della repubblica di Venezia, egli si cimenterà nell’edificare e rafforzare le mura di Vicenza, di Treviso, di Pordenone, di Treviglio. Bartolomeo d’Alviano ebbe altri pregi come ingegnere militare. Conosceva la tecnica architettonica nella costruzione dei fortilizi, ed anche, negli assalti, quale fosse il punto debole dell’attacco, nei confronti delle stesse fortificazioni. Sul campo pratico studiava l’importanza delle fortezze, a Soriano, a Bracciano e dovunque; e negli assalti subiti o in quelli inferti al nemico, a Todi, ad Amelia, aveva potuto calcolare i danni reali arrecati alle torri, ai bastioni ai terrapieni dall’artiglieria, contro quei baluardi che fino a poco tempo prima si credevano invulnerabili. “Pochi comandanti di squadre e di eserciti, giunti sulla quarantina, avevano le cognizioni da ingegnere che possedeva questo illustre capitano ma bisogna saper eh’egli, nato da una grande famiglia di feudatari umbri dove, anche in mezzo alle armi, la cultura era tanto onorata, da giovinetto aveva potuto curare insieme al maneggio delle armi lo studio del disegno applicato a fortilizi; studi, prove, applicazioni che rivelarono in seguito la sua competenza, quando diresse personalmente il restauro delle mura di Padova, dette i disegni e le idee per l’innalzamento dei Torrioni di Treviso, per gli sbarramenti ed afforzamenti di Gorizia e di Trieste”. Senza dire della fortificazione “de Roveredo lasciata per l’Illustrissimo signore. Bartolomeo d’Alviano Gubernator generale del mese di marzo 1509”. Da capitano di ventura, con Giuliano della Rovere e con Girolamo Riario nell’esercito di Sisto IV, è contro Lorenzo il Magnifico in Toscano(1478) e gli stessi Orsini; poi è con gli Orsini ed i Veneziani, ancora con il papa, contro Ferrara, Napoli e Milano. Ma quando il papa cambia politica e si allea con Napoli e con Milano, contro Venezia, egli sconfigge i Veneti alla Stellata (l482-I484), a fianco di Roberto Malatesta, Ridolfo Baglioni ed Everardo Montesperelli.Nel 1490 c’è guerra tra Terni e Cesi, alla quale prende parte Bartolomeo d’Alviano alla testa dei guelfi; il papa invia come pacificatori i francescani fra Isidoro e fra Evangelista Baglioni di Perugia. Un nuovo periodo di attività dell’Alviano inizia con la calata in Italia di Carolo VIII di Francia, inviatovi da Ludovico il Moro, che vuole togliere il ducato di Milano a Gian Galeazze Maria Visconti, pa-rente degli Aragonesi di Napoli.Nel 1494, Bartolomeo d’Alviano si trova nell’esercito pontificio-aragonese, comandato da Nicolo Orsini, accanto a Gian Virgilio Orsini e Gian Giacomo Trivulzio. Il 12 ottobre, sorprende e sbaraglia presso Faenza, trecento cavalli e fanti francesi di Carlo VIII e rafforza Cesena; poi corre a difendere gli accessi degli Abruzzi presso Tagliacozzo scende in Puglia, e resiste a Brindisi e Gallipoli Cesare d’Aragona. Nel 1496 gli Orsini passano dalla parte dei francesi e li segue anche Bartolomeo; sconfitti ad Altella, l’Alviano riesce a mettersi in salvo, mentre Gentil Virginio Orsini è fatto prigioniero. Placata la guerra tra gli Orsini e papa Borgia,che tentava continuamente di distruggergli Bracciano e metterli in soggezione, Bartolomeo d’Alviano è pregato da suo nipote Piero dei Medici, espulso da Firenze, dove è stata proclamata la repubblica, di aiutarlo a rientrarvi; i due partirono, ma una furiosa tempesta li bloccò per ore a Tavernelle, costringendoli a tornare a Siena, facendo fallire l’impresa. Da Siena, Bartolomeo torna ad Alviano;viene a sapere che Vittorio da Canale Chiaravalle,aiutato da Terni, Foligno e Amelia,è rientrato a Todi, facendo strage dei nemici. Bartolomeo chiede aiuto ai Baglioni di Perugia, assale Monteechio, “che incendia, rucidandovi più nemici che può”. Circonda Todi, dove si è rifugiato Altobello Chiarvalle. Il vescovo di Todi impedi la distruzione della città e della rocca, preferendo di scendere a patti; così gli Atti, amiglia alla quale apparteneva Isabella, madre di Bartolomeo, ottennero di nuovo il possesso il possesso della città anche gli Amerini dovettero scendere a patti con l’Alviano. Che riesce a condurre prigioniero ad Alviano Vittorio da Canale, che languirà tre anni nella Rocca. Intanto si riaccende la guerra tra Terni e Spoleto per il dominio delle Terre Arnolfe. Alchè : “Poco dopo lì Cesani co l’ajuto dè Spoletini presero nell’anno 1497 la Rocchetta di Terni, e lì Spoletini fecero per loro Duce Bartolomeo Alviano allievo de gli Orsini, il quale havendo dato il guasto al Territorio di Terni assediò poscia la città con diecimila Spoletihi. Una torre antica e forte detta volgarmente Colleluna distante da Terni per due piccole miglia già governata da un Castellano, buttò a terra da fondamenti, che poi fu rifatta da Ternani. Ma inteso Alessandro VI l’assedio fu di suo ordine levato e l’Alviano si ritirò”. Dopo partito Bartolomeo, fu Giampaolo Baglioni a ripristinare l’assedio, che dava allora la sorella Pantasilea in Moglie all’Alviano, rimasto vedovo di Bartolomea Orsini, che gli era stata a fianco per venti anni,accompagnandolo sempre nelle battaglie (1498).
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